IL MISURATORE
D’ITALIANITA’
Un
assessore in visita ad una scuola primaria di Roma ha dichiarato che i bambini
nati in Italia da genitori stranieri non sono realmente italiani.
A me è salita un attimo di ansia identitaria. Qui
se si comincia a misurare l’italianità a seconda dei genitori, potrei avere dei
problemi pure io. Perché non solo mio padre non è italiano ma io non sono
neppure nata in Italia: però ci ho vissuto 20 anni, vale?
Quanti punti di italianità mi dà il fatto che a
casa mia il Natale si festeggi con i tortellini? Ma poi quanti punti mi toglie
il fatto che al tavolo sia seduto mio padre inglese e per giunta mio zio
cinese, il marito di mia zia, sorella di mia madre?
Del resto mentre si mangia si parla solo italiano
perché d’altronde questa è la lingua che tutti capiamo e mio zio (quello cinese)
è cittadino italiano!
Dal punto di vista burocratico, l’unico straniero
a tavola è mio padre che però mangia più tortellini di mia madre (italiana con
genitori e nonni italiani).
Mi confondo sempre quando si utilizza la parola
cultura: cosa si intende per cultura italiana? Cantare l’inno? Essere bianchi?
Andare in chiesa? Parlare italiano? Pagare le tasse? Non pagarle? Essere
cattolici o almeno cristiani ma comunque almeno non musulmani? Essere mammoni?
Essere precari? Mangiare i tortellini vale?
Testimonianza tratta da www.litaliasonoanchio.it
A cura della Commissione di Gestione della Biblioteca
civica “Lino Penati”
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