Quando l'antirazzismo non è una priorità etica, l'obiettivo politico alimenta il trasformismo, anche in quei movimenti che vorrebbero essere "puri" e vorrebbero rappresentare l'antipolitica, senza riuscirci, anzi peggio. Mutuando quel prezzo del sacrificio (delle idealità, dello spirito fondativo, etc) da spendere per ottenere agibilità e visibilità politica nei grandi palazzi.
"Ancora più sorprendente, il fatto che malgrado Nigel Farage in persona avesse smentito la cosa solo pochi giorni fa, intervistato da un quotidiano di Stoccolma, parlando di «incompatibilità con le loro posizioni estremiste», i 5 Stelle e l’Ukip abbiano finito per allearsi perfino con gli Sverigedemokraterna, i Democratici svedesi, sulla cui affiliazione alla destra neonazista aveva scritto ampiamente all’inizio del decennio perfino il giornalista e scrittore Stieg Larrson.
Nato da un gruppo denominato Bevare Sverige Svensk (Mantenere la Svezia svedese), difensore delle tesi della supremazia bianca e ombrello pubblico delle bande razziste, sotto la guida del giovane leader Jimmie Akesson il partito si è andato ridefinendo come una formazione anti-immigrati, rinunciando ai suoi aspetti ideologici più aggressivi, senza per questo cambiare del tutto pelle. Solo nel 2012, ad esempio, tre dei suoi deputati sono stati processati per aver aggredito per strada un popolare attore di origine straniera molto attivo nella denuncia del razzismo in Svezia."
giovedì 19 giugno 2014
Fdc, il finale del 14 giugno
Sculture e quadri di Petre e Petronella Gaitan, con laboratori per bambin ie i loro costumi romeni, tra musiche turche, della Transilvania, mediorientali e celtiche. Poi i banchetti delle associazioni e i quadri di alcuni ragazzi del Liceo Caravaggio di Milano. Balli popolari e musica rom e balcanica dei Caravan Orkestar. Nonostante il temporale minaccioso, siamo riusciti a chiudere questa edizione della FdC, più ricca che mai. All'anno prossimo !!!
Continua con le foto sul blog
mercoledì 18 giugno 2014
Mare Nostrum, vita loro
Dal blog Sancara
I Romani, nel loro massimo splendore, dominarono, nonostante non fossero dei grandi navigatori, il Mediterraneo. Lo fecero conquistando le terre che su di esso affacciavano e coniarono il termine Mare Nostrum, proprio a sottolineare di essere "i padroni del Mediterraneo".
Oggi il Mediterraneo è un mare dove affacciano 4 stati della "vecchia" Europa (Spagna, Francia, Italia e Grecia), 4 stati dell'ex Jugoslavia (Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina e Montenegro), l'Albania, la Turchia, tre stati del medio-Oriente (Siria, Israele e Libano), 5 stati africani (Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco) e dove insistono due stati insulari (Malta e Cipro). Insomma, 20 stati sovrani, di tre distinti continenti. Il concetto del Nostrum deve essere visto in un senso più complesso e plurale. In questo mare, dal 1994 hanno perso la vita oltre 7000 persone, che in vario modo e per varie ragioni tentavano di passare dal Sud o dall'Est della sponda Mediterranea, verso il Nord.
Di immigrazione si parla da sempre. Ci si indigna quando avvengono tragedie come quelle dell'ottobre 2013, quando centinaia di cadaveri di disperati furono visti sulle coste di Lampedusa. Si innescano assurde polemiche, come quelle di chi crede di poter fermare il flusso migratorio, inconsapevoli che come l'acqua che scorre dai monti, nulla può fermarlo.
In questi giorni la discussione verte su due temi: 800 mila profughi sulle coste libiche che sarebbero pronti a sbarcare in Italia e sulla missione militare Mare Nostrum (ma non è di tutti questo mare?), in scadenza e costosa.
Facciamo un po' di chiarezza. Lo scorso anno (2013), in Italia sbarcarono 42.925 persone (oltre il 300% in più del 2012), di questi 27.314 dalla coste libiche. Oltre un quarto di questi disperati (insisto che chiamarli emigrati significa dare nobiltà al loro gesto), 11.307 erano siriani, 9.834 eritrei, 9.263 somali, 2.618 egiziani, 2600 nigeriani , 1058 maliani e 879 afgani.
In tutti questi paesi (Siria, Somalia, Egitto, Nigeria, Mali, Eritrea e Afghanistan) sono in corso guerre, guerre civili o gravissime violazioni dei diritti umani. Insomma, sono persone che scappano, da situazioni per molti di noi inimmaginabili. In questi paesi la vita vale meno che zero.
I Romani, nel loro massimo splendore, dominarono, nonostante non fossero dei grandi navigatori, il Mediterraneo. Lo fecero conquistando le terre che su di esso affacciavano e coniarono il termine Mare Nostrum, proprio a sottolineare di essere "i padroni del Mediterraneo".
Oggi il Mediterraneo è un mare dove affacciano 4 stati della "vecchia" Europa (Spagna, Francia, Italia e Grecia), 4 stati dell'ex Jugoslavia (Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina e Montenegro), l'Albania, la Turchia, tre stati del medio-Oriente (Siria, Israele e Libano), 5 stati africani (Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco) e dove insistono due stati insulari (Malta e Cipro). Insomma, 20 stati sovrani, di tre distinti continenti. Il concetto del Nostrum deve essere visto in un senso più complesso e plurale. In questo mare, dal 1994 hanno perso la vita oltre 7000 persone, che in vario modo e per varie ragioni tentavano di passare dal Sud o dall'Est della sponda Mediterranea, verso il Nord.
Di immigrazione si parla da sempre. Ci si indigna quando avvengono tragedie come quelle dell'ottobre 2013, quando centinaia di cadaveri di disperati furono visti sulle coste di Lampedusa. Si innescano assurde polemiche, come quelle di chi crede di poter fermare il flusso migratorio, inconsapevoli che come l'acqua che scorre dai monti, nulla può fermarlo.
In questi giorni la discussione verte su due temi: 800 mila profughi sulle coste libiche che sarebbero pronti a sbarcare in Italia e sulla missione militare Mare Nostrum (ma non è di tutti questo mare?), in scadenza e costosa.
Facciamo un po' di chiarezza. Lo scorso anno (2013), in Italia sbarcarono 42.925 persone (oltre il 300% in più del 2012), di questi 27.314 dalla coste libiche. Oltre un quarto di questi disperati (insisto che chiamarli emigrati significa dare nobiltà al loro gesto), 11.307 erano siriani, 9.834 eritrei, 9.263 somali, 2.618 egiziani, 2600 nigeriani , 1058 maliani e 879 afgani.
In tutti questi paesi (Siria, Somalia, Egitto, Nigeria, Mali, Eritrea e Afghanistan) sono in corso guerre, guerre civili o gravissime violazioni dei diritti umani. Insomma, sono persone che scappano, da situazioni per molti di noi inimmaginabili. In questi paesi la vita vale meno che zero.
Il muro del Mediterraneo
Etienne Balibar da Il Manifesto del 18/06/2014
Un avvenimento in Europa ha avuto un’eco simbolica considerevole e conseguenze spettacolari: si tratta dell’accelerazione della costruzione del muro del Mediterraneo. Per il momento è ancora una costruzione virtuale, o più esattamente riguarda un complesso di istituzioni e di dispositivi diversi, di leggi, di politche preventive e repressive, di accordi internazionali formali e informali. Ma nell’insieme è ben chiaro lo scopo: si tratta di restringere la libertà di circolazione.
Se non addirittura di annullarla del tutto per alcune categorie di individui e di certi gruppi sociali definiti in termini di categorie etniche (quindi, alla fine, razziali) e di nazionalità.
Abbiamo però già sotto gli occhi due realizzazioni parziali di questo «muro» molto più concrete: la loro stessa visibilità cristallizza molte tensioni statutarie e degli aspetti spaziali del problema della mobilità nella geopolitica attuale. Queste prime realizzazioni concrete, situate alle due estremità dello spazio mediterraneo, hanno certo una storia diversa, origini e giustificazioni specifiche, ma la loro somiglianza materale colpisce chiunque le abbia osservate dal vero o ne abbia visto le immagini successive. Cosa che suggerisce di ricercare delle analogie più profonde. Si tratta, come avrete capito, del «muro» che lo stato di Israele costruisce nel territorio palestinese occupato e delle fortificazioni in corso di rafforzamento lungo le enclave spagnole di Ceuta e Melilla sulla costa marocchina, che ormai, oltre alla rete di barriere elettrificate e delle torri di controllo, si accompagna a deforestazioni, livellamenti, costruzione di fossati e strade parallele ad uso militare.
Un avvenimento in Europa ha avuto un’eco simbolica considerevole e conseguenze spettacolari: si tratta dell’accelerazione della costruzione del muro del Mediterraneo. Per il momento è ancora una costruzione virtuale, o più esattamente riguarda un complesso di istituzioni e di dispositivi diversi, di leggi, di politche preventive e repressive, di accordi internazionali formali e informali. Ma nell’insieme è ben chiaro lo scopo: si tratta di restringere la libertà di circolazione.
Se non addirittura di annullarla del tutto per alcune categorie di individui e di certi gruppi sociali definiti in termini di categorie etniche (quindi, alla fine, razziali) e di nazionalità.
Abbiamo però già sotto gli occhi due realizzazioni parziali di questo «muro» molto più concrete: la loro stessa visibilità cristallizza molte tensioni statutarie e degli aspetti spaziali del problema della mobilità nella geopolitica attuale. Queste prime realizzazioni concrete, situate alle due estremità dello spazio mediterraneo, hanno certo una storia diversa, origini e giustificazioni specifiche, ma la loro somiglianza materale colpisce chiunque le abbia osservate dal vero o ne abbia visto le immagini successive. Cosa che suggerisce di ricercare delle analogie più profonde. Si tratta, come avrete capito, del «muro» che lo stato di Israele costruisce nel territorio palestinese occupato e delle fortificazioni in corso di rafforzamento lungo le enclave spagnole di Ceuta e Melilla sulla costa marocchina, che ormai, oltre alla rete di barriere elettrificate e delle torri di controllo, si accompagna a deforestazioni, livellamenti, costruzione di fossati e strade parallele ad uso militare.
Italia nostrum, i nuovi cittadini italiani sono in aumento
L'Istat ha appena pubblicato il bilancio demografico nazionale da cui si evidenziano oltre 100.000 neo-cittadini italiani, ovvero immigrati che hanno acquisito la cittadinanza italiana. Un valore in crescita del 54% rispetto al 2013.
Sempre numerosi i riconoscimenti della cittadinanza per matrimonio, prevalentemente tra donne stranieri e uomini italiani, ma sono in aumento le acquisizioni basate sulla residenza.
A livello territoriale, le acquisizioni di cittadinanza italiana risultano più numerose nelle regioni ove maggiormente si concentra la presenza straniera: Lombardia (25,9% del totale), Veneto (14,5%), Emilia Romagna (14,1%).
Se si considera il tasso per mille stranieri residenti, tuttavia, le regioni con i valori più elevati risultano il Trentino-Alto Adige (34,8 per mille), le Marche (31,9 per mille) e il Veneto (29,1 per mille).
E tra i cittadini italiani, citiamo un "italiano di colore che da colore all'italiano", ovvero un neo-scrittore, Antonio Distefano in arte Nashy (giovane rapper di Ravenna di origine angolana), che ha appena pubblicato il libro "Fpdppap?" ovvero "Fuori piove dentro pure passo a prenderti ?"
Nashy racconta la sua storia d'amore: “Sono stato con lei per dodici mesi, di cui nove in clandestinità perché sono nero” - vedi link
Nashy racconta la sua storia d'amore: “Sono stato con lei per dodici mesi, di cui nove in clandestinità perché sono nero” - vedi link
Nashy: «Senza radici si perde l’identità»
«Le emozioni sono come le persone, diventano importanti solo quando si incontrano»
Vivono tra due terre ma non appartengono a nessuna delle due. Sono italiani ma non del tutto, sono stranieri ma solo in parte. Sono giovani, giovanissimi figli di immigrati, nati e cresciuti in Italia. Sono i ragazzi della seconda generazione che non accettano di essere chiamati “extracomunitari”, “immigrati”, “stranieri”. Condividono il percorso di crescita con i coetanei italiani, hanno gli stessi problemi adolescenziali, ma spesso devono anche subire atti di pregiudizio, ignoranza e razzismo. Vivono situazioni di disagio ed emarginazione a volte più dolorose dei propri genitori. Invece vorrebbero solamente essere accettati per quello che sono, senza dover fare finta, vorrebbero poter essere orgogliosi dellea propria diversità e crescere serenamente. Hanno diritto a una piena cittadinanza, ma soprattutto hanno diritto ad avere opportunità pari a quelle dei ragazzi italiani . Hanno bisogno di un futuro, hanno bisogno del riscatto sociale anche per ricambiare i sacrifici fatti dai propri genitori.
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martedì 10 giugno 2014
"The struggle is my life"
Padre Efrem Tresoldi, direttore di Nigrizia |
Efrem, attuale direttore della rivista Nigrizia, ha narrato la storia del Sudafrica, che ha istituito l'apartheid sin dal 1948 come sistema legislativo, basato su leggi draconiane e liberticide, discriminatorie e repressive.
L'apartheid si basava sulla separazione dei bianchi dai neri nelle zone abitate da entrambi (per esempio rispetto all'uso di mezzi e strutture pubbliche) e sull'istituzione dei bantustan, i territori semi-indipendenti in cui molti neri furono costretti a trasferirsi. Le basi filosofiche si sono sviluppate negli anni 30-40, ispirandosi all'ideologia nazista di supremazia della razza e di disprezzo delle altre razze, giudicate inferiori.
(continua)
sabato 7 giugno 2014
La festa delle culture, ultime 2 iniziative
Ancora 2 iniziative di rilievo nel cartello della “Festa delle Culture 2014”.
Lunedì 9 giugno, alle 21, in Biblioteca, con ingresso da via Fatebenefratelli, l’appuntamento è con padre Efrem Tresoldi, il missionario comboniano di origine cernuschese e direttore della rivista Nigrizia, che per decenni per decenni ha svolto la sua missione in Sudafrica, presenterà la figura di “Nelson Mandela, cittadino del mondo - tra apartheid e integrazione”, il simbolo della lotta dell’Africa nera che ha avuto occasione di incontrare personalmente.
La “Festa delle Culture” si concluderà il 14 giugno, in piazza Unità d’Italia, a partire dalle ore 16, con “Non uno di meno” la festa interculturale con laboratori, stand delle associazioni, e la vivace musica balcanica della "Caravan Orkestar”.
Sono molto soddisfatta di questa edizione della festa, sia per la qualità sia per il numero di iniziative, ben 11, che hanno coinvolto associazioni, scuole e diversi persone che da anni collaborano con l’amministrazione comunale per la costruzione di progetti e iniziative che hanno come obiettivo quello di coniugare sempre più dialogo, conoscenza della ricchezza delle culture e reciproca contaminazione.
Lunedì 9 giugno, alle 21, in Biblioteca, con ingresso da via Fatebenefratelli, l’appuntamento è con padre Efrem Tresoldi, il missionario comboniano di origine cernuschese e direttore della rivista Nigrizia, che per decenni per decenni ha svolto la sua missione in Sudafrica, presenterà la figura di “Nelson Mandela, cittadino del mondo - tra apartheid e integrazione”, il simbolo della lotta dell’Africa nera che ha avuto occasione di incontrare personalmente.
La “Festa delle Culture” si concluderà il 14 giugno, in piazza Unità d’Italia, a partire dalle ore 16, con “Non uno di meno” la festa interculturale con laboratori, stand delle associazioni, e la vivace musica balcanica della "Caravan Orkestar”.
Sono molto soddisfatta di questa edizione della festa, sia per la qualità sia per il numero di iniziative, ben 11, che hanno coinvolto associazioni, scuole e diversi persone che da anni collaborano con l’amministrazione comunale per la costruzione di progetti e iniziative che hanno come obiettivo quello di coniugare sempre più dialogo, conoscenza della ricchezza delle culture e reciproca contaminazione.
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