mercoledì 2 aprile 2014

Schiavismo "multiculturale"

Lo schiavismo individua negli schiavi una categoria di sottouomini o non-uomini, che si possono sfruttare in modo disumano. Così nell'antica Grecia, a seguito della nascita dello stato democratico di Pericle e l'affermazione della modernità dell'ellenismo, ciò che non era greco, ovvero lo straniero, era da considerarsi "barbaro", per cui inferiore. E come l'animale può essere sottoposto a lavori e al macello, così fu per gli stranieri assoggettati come schiavi. Ma la schiavitù non riguarda il passato, è ancora una realtà contemporanea.
Basta leggere l'inchiesta del La Repubblica sui nuovi schiavi che lavorano nelle nostre campagne italiche, in un paese attraversato da un forte malumore verso gli immigrati, che sfocia in ondate di razzismo e xenofobia. "Per mesi, a volte anni, lavorano gratis per risarcire il debito contratto con il viaggio. Solo nella provincia di Latina ce ne sono 35mila ma in Italia, secondo la Cgil, sarebbero 100mila. Vivono in condizioni disumane: ricattati, picchiati, succubi dei caporali. Un fenomeno più volte denunciato. Ma dopo lo sdegno, tutto resta immutato. Anzi: si diffonde nel sommerso. Perché il cibo arriva sulle nostre tavole grazie a loro".
I dati dell'inchiesta li puoi trovare qui: 100.000 immigrati in condizione di paraschiavismo, 400.000 iper-sfruttati che per 10-12h al giorno vengono pagati 3 € all'ora. Oltre il 60% è senza acqua corrente e senza servizi igienici, e oltre il 70% contrae malattie legate allo sfruttamento.
Razzismo e schiavismo si autoalimentano, sostenuti da un'inconscia “gerarchia del disprezzo” come documentato nel bellissimo libro di Daniela Padoan e Luigi Luca Cavalli Sforza "Il razzismo e il noismo".

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